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giovedì 6 novembre 2008

la futura generazione


A adesso, cosa ci darà quest'uomo? E' stato nominato, quasi a furor di popolo, a cambiare le sorti dello Stato più potente del mondo e di conseguenza ad influenzare anche le nostre. Certo un effetto positivo lo ha già avuto, perchè negli Stati Uniti era decisamente di moda l'astensionismo alle urne. Se non altro nella partecipazione al voto l'Italia si è trovata, sopratutto ultimamente, in alto alle classifiche mondiali, ma finalmente anche gli americani hanno spento il televisore e sono andati ai seggi senza arrendersi davanti alle lunghe file. Bene, ma adesso. Quanto peso è stato riposto sulle spalle di quest'uomo. Forse gli americani si sono resi conto di essere un poco antipatici al mondo e hanno voluto rinnovare l'immagine? Oppure credono veramente in un cambiamento radicale? Ma qui non si tratta di un'operazione di marketing. Bisogna realmente rimboccarsi le maniche per risalire la china: crisi economica, ambiente, guerre, diritti civili. Se Obama riesce in tutto questo, si merita quanto meno un premio Nobel, ma non è facile. Per certi versi, al sua situazione mi sembra speculare a quella in cui si è trovato Giovanni Paolo II. Perchè, frutto di una notevole personalità, le opere del Magno Karol sono andate ben oltre ogni aspettativa del conclave, modificando addirittura la geopolitica mondiale. Al contrario dal Presidente degli Stati Uniti d'America ci si aspetta tutto e subito. Per quanto sia così antisonante e sinonimo di forza il ruolo istituzionale di questo giovane uomo politico frutto di una nuova generazione, egli dovrà comunque rendere conto a coloro che hanno finanziato la sua campagna elettorale. E' stato così in passato e difficilmente cambierà ora. Il giusto riconoscimento dal mondo se lo meriterà solo quando saprà dire di no. Il peso delle proprie scelte è a volte difficile da affrontare nel nostro quotidiano, figurarsi seduti alla Casa Bianca. Sembra difficile peggiorare l'attuale situazione e anche l'alternanza naturale della storia tra "carestie" e "prosperità" sono a favore di Obama, ma può non bastare a creare le basi di rinascimento. Può avere anche ottime iniziative, ma se non viene seguito dal mondo tali rimangono. Infatti, rispetto alla ormai precedente amministrazione Bush, questo nuovo corso politico dovrà necessariamente rendersi contro che non può imporre le proprie scelte al mondo, ma condividerle e dialogare con tutti, senza più sentirsi minacciato. Questa probalbilmente dovrà essere la dote del nuovo Presidente: saper coinvolgere i leader del mondo in armonia, diffidando anche dai falsi amici che salgono sul carro dei vincitori. In poche parole cercare più la pace che la guerra. Ne abbiamo decisamente bisogno.

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