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venerdì 12 dicembre 2008

barbetta

Era un appuntamento frequente. Turnisti, operai, studenti o semplici casalinghe in giro a fare la spesa. Comunque si passava da barbetta. Così lo avevamo definito per la sua folta barba, mai diventata bianca, non molto alto con quel minimo di benessere nel giro vita e la sua andatura da "brisa furia eh". La sua specialità: il trancio di rossa. La sua misura era calibrata sulle mille lire. Entravi in bottega e chiedevi un pezzo da mille con salame piccante o salsa rosa a secondo dei gusti. Quasi tutti quelli sopra i trent'anni la mangiavano senza uscire, tanto per fare due chiacchere con il barbetta ed avere la sua opinione sulla stagione dei funghi in montagna. La moglie arrivava presto ogni mattina a servire dietro il bancone, ma lui era già al forno alle quattro del mattino e tirava dritto fino alla "mezza". Volevo fare delle foto al pane, da utilizzare per un concorso oppure per partecipare ad una mostra fotografica e gli ho chiesto se potevo bisturbarlo. "Vieni quando vuoi, tanto sono qui!". Attrezzatura, pellicola, cavalletto e con via di Corticella ancora al buio, entrai dal retro dove lui mi aspettava. Feci molti scatti mentre lui faticava e non poco. Giunta l'ora di sfornare, prese la paletta e comiciò a stendere il pane sui ripiani. In quel momento si vedeva la soddisfazione nel suo sorriso sotto i baffi. Sviluppo e stampa in bianco e nero e la soddisfazione fu allora la mia. Gli regalai per riconoscenza un bel ingrandimento. Ora il forno di barbetta lo gestiscono due ragazzi, ma la piazza rossa è ancora presente. Solo lui non c'è. Avevo saputo dell'incidente in bicicletta avvenuto non molto lontano dalla bottega. Si era ritirato in pensione da non molto, ma ogni tanto lo si rivedeva da questa parte del bancone. Oggi in bottega ho visto che i ragazzi, che forse una volta erano stati suoi clienti, hanno appeso una foto di un uomo sorridente, vestito di bianco con la paletta in mano davanti al suo forno caldo pieno di pane. E' stato un piacere Renato.

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