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venerdì 26 novembre 2010

Sala d'attesa

- Chi è l'ultimo?-
Una signora seduta vicino alla finestra alzando la mano viene eletta punto cardinale del quel pomeriggio di fine estate. Giornate ancora abbastanza calde e soleggiate, la finestra aperta sul viale principale con il sottofondo del traffico cittadino per i ritornelli dei discorsi di circostanza. Sedie scomode e ravvicinate per dar posto ai più senza consentire di mettersi troppo a proprio agio. Un ragazzo sostiene con due mani in preghiera il cellulare di ultima generazione in attesa di una risposta da qualche nuovo amico virtuale; un paio di sandali ai piedi, bermuda militari e maglietta in tinta, una borsa per documenti a tracolla, pizzetto e lunghi capelli ricci; l'ultima abbronzatura della stagione non hanno mimetizzato alcuni tatuaggi tribali sulla pelle; malgrado quella postura ricurva, la sua attesa per un segnale via etere non è ansiosa, anzi tradisce una certa assuefazione, quasi una fuga non necessaria dalla noia del mondo circostante e nemmeno troppo segreta o trasgressiva. Una coppia di anziani coniugi controllano con sguardo attento il rispetto dell'ordine d'arrivo roteando gli sguardi sulle facce dei presenti a cadenze costanti; conoscono bene il territorio ed i residenti: non mancano di argomenti per alimentare il loro piccolo pettegolezzo sottovoce; si muovono in sincronia come marmotte allarmate, lui allunga ogni tanto lo sguardo su quella incomprensile magia senza fili del tatuato: voi mettere una poesia vergata da una penna stilografica, magari come quella che tiene nel taschino della camicia a righe con le iniziali sul costato e contornata da un abito grigio, mocassini e calza rigorosamente lunga anche con il caldo. Non è costretto in quello stile, semplicemente si sente in giusta armonia con la sua compagna, che ogni venerdì va dal parrucchiere per la messa in piega, ogni due settimane dall'estetista e ogni sera cura la pelle con creme idratanti prima di coricarsi e russare in modo devastante a casa di una piccola deviazione del setto nasale che non ammetterà mai. Ciò non può assolutamente turbare il suo stile elegante, la collana di perle e la calza chiara ed aderente sotto la gonna a tubo che esalta lo slancio delle gambe fino alla scarpa con tacco sottile, di produzione artigianale e prodotta su misura. Il direttore ai lavori li chiama all'appello e loro si alzano dalle sedie meglio di una coppia di staffettisti ai giochi olimpici, segno che è da molto che aspettano. All'angolo un ex palestrato in maglietta attillata li osserva mentre gli passano davanti: ruota nervosamente un anello al dito indice della mano destra, mentre i piedi, incrociati vibranti sotto la sedia, esaltano la muscolatura delle gambe; ha mani tozze e callose, e la testa con il capello rasato torna spesso ad osservarle. Non ha molti argomenti di conversazione ed anche la sedia soffre il suo peso agitato. Non ha più l'età per competere in pose scultoree, ma non rinuncia a curare la definizione del fisico fino alle venature sotto cutanee. Ogni tanto alza la testa e la fa ruotare su un collo taurino che scuce l'orlo della maglietta. Malgrado ciò il suo sguardo tradisce una seria preoccupazione, l'angoscia di essere costretto a cambiare vita e di perdere la finta autostima guadagnata davanti a specchi di scena. Intanto il mio faro locale, continua a sfogliare distrattamente le pagine di un settimanale preso dal tavolo all'ingresso. Non ha mai smesso, senza mai effettivamente leggere alcun articolo solo commentando i titoli con l'amica sedutagli affianco. Entrambe in forma, le classiche nonne sapienti di paese, che fanno ancora la pasta con il mattarello ed indossano le calzature ortopediche di farmacia per le vene varicose. Un giubbino scuro sulle spalle sotto alla camicia a fiori colorati cucita in casa con la stoffa comprata alla merceria sotto al Comune. Sono ancora capaci di sorridere anche se non sfugge il classico "Ma lo sai chi è finito all'Ospedale?", se non peggio. I capelli rigorosamente bianchi, perché tanto ormai cosa vuoi, stare ad allungare la coperta coi buchi? Hanno vissuto anche bene la loro giovinezza e si stanno godendo allo stesso modo la terza età, acciacchi compresi. Mettono semplicemente tutto nel conto della vita. L'amica viene chiamata a rapporto dal generale, lei prende la stampella da dietro la sedia prima di salutare e si incammina, passando davanti a una coppia di fidanzati. Giovani belli slanciati, ma che ci fanno qui? Sono il ritratto della salute, non un neo sulla pelle, occhiali da vista su un telaio invisibile. Pinocchietti chiari e le più brutte scarpe da tennis rosse che abbia mai visto prima, maglietta con la pubblicità di un locale caraibico, capello ingellato e sguardo fisso nel vuoto. Lei in tuta ginnica e body, viso scarno e chiaro, attento sulla lettura del un libro dalla copertina rigida. Non ha anelli nelle dita affusolate delle mani ed i capelli biondi sono raccolti in una coda. Sono praticamente immobili ormai da non sono quanto tempo, sembrano due manichini presi dal negozio in strada e piazzati su quelle sedie. Ad un certo punto lui si riprende da quel finto coma e si alza in piedi, stanco di aspettare si dirige verso l'uscita. Lei senza proferire parola, tanto nessuno li ha mai sentiti parlare, si alza e lo segue: mi sa che da qualche parte una nonna depressa sarà costretta a fare a meno delle pillole per la pressione. Coppia che esce, coppia che entra. Statuaria sia nel carattere che nel fisico anche se non più giovanissima. Arriva davanti alla finestra e per quanto è grande non entra più la luce del sole in quella stanza. Si sfila con grazia un leggera giacca estiva che potrebbe essere il lenzuolo del mio letto e allargando le braccia respira a pieni polmoni tutto lo smog del traffico in strada. E' alterata e non lo nasconde. Di corsa la segue il suo compagno che teme i suoi sbalzi d'umore pre mestruali e le raccoglie il soprabito prima che finisca in terra. Sembrano appena usciti da una commedia di Woody Allen, tanto che osservo in giro alla ricerca di una telecamera nascosta, perchè la scena è troppo inverosimile. La Venere si affaccia la finestra e si accende una sigaretta non curante del divieto appeso alla parete. Lui balbettando le fa notare che non sarebbe il caso, ma finisce per far scaturire uno sguardo di fuoco da far impallidire Leonida sulle Termopili. La regina spartana comincia ad inveirgli contro con piccole ed incomprensibili frasi urlate sottovoce tra i denti così vicino al naso del povero Woody, che è costretto a pulirsi gli occhiali dall'appannamento e dagli schizzi di saliva. L'uomo, si fà per dire, fa parziali ammissioni, si contraddice, nega e poi ritratta. Il Titanic è ormai in balia dell'oceano. Entra un altro giovane mutuato e chiede che è l'ultimo, tutti si bloccano a guardarlo e lui capisce. Fortunatamente riconosce una faccia amica nel tatuato che gli fà cenno di sedersi al fianco per godersi lo spettacolo. Per non farsi notare imbastiscono anche una breve ed inutile conversazione, ma in realtà vogliono assistere alla fine dell'incontro. La coppia si rende conto di essere fin troppo osservata e si trincea in un pesante mutismo: lei continua ad osservate i viandanti in strada, lui al suo fianco si guarda intorno per la stanza, mostrando finto interesse per li titoli delle pergamene professionali ed i fogli informativi appesi alle pareti. La sala si sta svuotando e poco prima della chiusura entra l'ultimo cliente. Una faccia conosciuta, un simpatico vecchietto che vedo spesso vicino a casa, sguardo allegro e una voglia di stare al mondo senza eguali. Mi chiede come sto, mento con cortesia e ci raccontiamo cosa è successo in paese. Tocca me, saluto e mi avvio verso la porta. "Cosa è successo?" Gli mostro la busta, entro e parliamo un po'.-

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