Sia benvenuto ogni visitatore di questo Blog

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curiosi o svogliati, tristi o allegri, sensibili o crudeli
qui troverete immagini, pensieri, riflessioni,
commenti ed un possibile incontro o scontro di idee
il tutto condito dalla buona educazione, dall'ironia e dal buon senso nel rispetto del prossimo
un blog realmente fatto in famiglia, dove ognuno ci mette un pezzo di vita da condividere
si parte da qui con alcune immagini per vedere dove questo mezzo di comunicazione ci può portare
non per nulla chi usa internet viene definito un .... navigatore

sabato 10 agosto 2013

Ascolta un po'

Ascolta un po'.... è l'inizio di un racconto, di un esempio,
di un insegnamento, di un cammino fatto insieme
un vezzeggiativo a una bambina sorridente,
una preghiera recitata dal più piccolo intorno a una tavola
una paio di scarpe nere su un altare e la fede in un nuovo viaggio che arriverà
un posto in treno, vicino al finestrino in compagnia di uno sconosciuto
che aggredisce la vita, ma cerca la verità
una missione nel mondo, frontiere ostacoli diffidenze, pianti e sorrisi 
una cascata, i riflessi della luce, una roccia come giaciglio, la meditazione la preghiera
una pietra per altare, un mazzo di fiori di montagna un'icona e dei bambini seduti sul prato
un maglione di lana azzurro, caldo e lucente, le mani congiunte e lo sguardo al cielo 
una porta che si apre in fondo ad un corridoio, la passione di una vita al servizio
una lettera deposta in una cappella sulla vetta di una montagna, un coro di pellegrini
una camera all'utimo piano, con il soffitto basso e una luce che illumina un tavolo
un peccatore convinto di non poter trovare la pace che bussa alla porta
Ascolta un po'.... è l'accoglimento di un dolore di una gioia, di un forestiero che porta l'amore

venerdì 2 agosto 2013

Millenovecentottanta



Visto da più di trent'anni di distanza sembrano ricordi sbiaditi dal tempo trascorso. Avvenimenti di cui restano più che altro i titoli dei giornali: Strage alla Stazione di Bologna, Ustica e ancor prima Italicus,  dieci anni più tardi il Rapido 904  -la strage di Natale- sempre a San Benedetto Val di Sambro. 2 agosto 2013: pomeriggio libero da impegni, attrezzatura fotografica pronta e la ricerca delle tracce della storia d'Italia che passava in quegli anni da Bologna. Volevo un impatto visivo importante e non imponente, ma non sapevo dove cercarlo. Libri, internet, in un piazzale ferroviario dove ultimamente passo spesso davanti, spesso di fretta senza nemmeno sprecare un minuto della mia vita per leggere anche solo uno di quei nomi scritti sulla lapide. Si può ignorare un memoriale? Sembrava tutto scontato, già visto, passato, tritato dalle desuete affermazioni di circostanza: i segreti di Stato, la verità nascosta, i colpevoli non colpevoli, i depistaggi. Erano tutte notizie fin troppo note, anche se negate per anni e comunque non era ciò che cercavo. Provavo un senso di disagio nella mia incapacità a spiegare a mai figlia senza alcuna retorica scolastica cosa è accaduto, cosa poteva accadere, ma soprattutto cosa provavo dopo tanti anni. Già sapevo di quel museo, anonimo in un piccolo parco pubblico frequentato da individui disinteressati al documento storico alle loro spalle. Un piccola anticamera, due custodi, un libro aperto per le firme: -non si possono fare foto-, certo è difficile fotografare il dolore. Un porta a vetro oltre la quale si volteggia ad alta quota. Quella di un cielo estivo da nord a sud, dalla fatica al riposo, dalla distanza al ritorno a casa, da una pista ad un'altra di un aeroporto che ormai non aspetta più. ITAVIA in rosso su fondo bianco.  Il tempo si ferma proprio all'istante dell'esplosione, come l'orologio della Stazione di Bologna. La tragedia è a porta di mano. Il corridoio dei visitatori, leggermente sopraelevato rispetto all'apparecchio ricostruito come un puzzle su un virtuale telaio metallico, ne nasconde gli appoggi alla pavimentazione. Quindi sembra che galleggi sospeso nel vuoto, flebilmente illuminato da ottantuno piccole lampadine appese al soffitto che si accendono e si spengono a ritmo cardiaco. Non si può fare ameno di camminare lentamente, un processione nella quale non si riesce a staccare lo sguardo dall'infausto protagonista. Solo dopo alcuni minuti, riesco a fare attenzione ad alcune voci provenienti da casse sonore celate dietro ottantuno specchi neri appesi alle parenti, la cui sincronia fa da sottofondo all'inaspettato.  Giunti davanti alla fusoliera, ci accomodiamo su due poltrone basse in pelle nera. Il punto panoramico dove osservare, ma soprattutto riflettere. Non c'è assolutamente fretta, siamo solo noi. Siamo maledettamente solo noi ed il resto del mondo fuori. Una rabbia pacata, sussurrata come i pensieri delle ottantuno persone in un istante imprevedibile. Nel mese di giugno del millenovecentottanta, ero al mare sulla riviera romagnola, non avevo ancora dodici anni; al vicino di ombrellone impegnato nella lettura della terza pagina di un quotidiano, furtivamente memorizzavo l'immagine della prima pagina: uno specchio di mare nero ed un corpo galleggiante con le braccia aperte abbandonato al suo destino. Trentotto resti umani furono recuperati, per gli altri solo ricordi. Gli stessi ricordi che hanno portato l'associazione di familiari delle vittime a creare questo luogo di pace, misurata, intonata all'istante prima il tragico evento, mentre fuori quell'aereo l'inutile pazzia umana spingeva il pulsante off. Quanta pressione bisogna esercitare su un pulsante per lanciare un missile e quanta pressione è stata esercitata in seguito per tentare di resettare la storia. La pace della verità. La verità di un viaggio di ritorno dalle profondità del mare fino ad un hangar modellato intorno ad un ricordo da persone vere, con un passato, un presente ed un futuro comunque diverso da quel punto in poi.